Che ansia! Nelle occasioni più disparate ci sarà capitato di dirlo o di sentirlo esclamare. Ma che cos’è effettivamente l’ansia?
È un’emozione strettamente connessa con la paura ma, mentre questa è la risposta emotiva a una minaccia imminente, reale o percepita, l’ansia è determinata da una minaccia futura.
Paura e ansia risultano così come due facce della stessa medaglia, ma con funzioni differenti: la prima permette di attivare quei meccanismi definiti come attacco-fuga, che ci consentono di agire quando ci troviamo davanti a un pericolo; la seconda permette invece di attivare reazioni fisiche (tensione muscolare e ipervigilanza) per prepararci al pericolo futuro e/o attivare comportamenti prudenziali o di evitamento.
TRE DIMENSIONI DELL’ANSIA
Fisiologica: è quella componente che ci fa sentire l’ansia così come la conosciamo. È determinata da tutta quella serie di sensazioni fisiche sgradevoli che ci fanno sentire minacciati.
Cognitiva: è la componente determinata dai pensieri. Anche se non lo sappiamo o non ce ne rendiamo conto, i nostri pensieri sono i principali “colpevoli” dell’ansia. Non sono infatti le situazioni di per sé a generare tale reazione emotiva, quanto l’interpretazione che ognuno di noi fa rispetto a quello specifico contesto.
Comportamentale: è la componente attiva dell’ansia. È data da azioni, comportamenti e atteggiamenti che mettiamo in atto per fuggire, proteggerci o evitare quella sgradevole sensazione.
Siamo abituati a sentire l’ansia principalmente attraverso la prima dimensione e a considerare l’ultima solamente come una conseguenza e mai come l’elemento che, con il tempo, può portare all’instaurarsi di cicli disadattivi che potrebbero far sviluppare una condizione d’ansia patologica.
Infine, l’ultima dimensione è quella che viene considerata meno poiché nella quotidianità la nostra mente ci bombarda costantemente con pensieri automatici di cui raramente siamo consapevoli.
L'ANSIA È SEMPRE NEGATIVA?
Da una prima analisi superficiale potremmo dire di si, perché ci fa sperimentare sensazioni spiacevoli che spesso ci portano a fare i conti con situazioni che non riusciamo a gestire.
Questa reazione emotiva può però essere rappresentata come un continuum:
ANSIA
0 ____________________________100
in cui 0 rappresenta la totale assenza di ansia, mentre 100 rappresenta uno stato ansioso intollerabile.
Oltre agli estremi però, lungo tutto questo continuum, troviamo differenti e variegati gradi di ansia.
Ma questi gradi di ansia sono uguali per tutti? Certo che no! Ognuno di noi collocherà i suoi livelli d’ansia in posizioni diverse della scala in base alle situazioni.
Per qualcuno l’interrogazione o l’esame universitario causeranno ansia 100 mentre per altri solamente 10, lo stesso vale per azioni come guidare, parlare in pubblico o trovarsi in luoghi affollati.
Ma allora se provo ansia 100 sono malato?
Con grande probabilità no, ma provo a spiegare il perché.
Il DSM-5 (Manuale Diagnostico e Statistico 5a edizione) afferma che “un disturbo d’ansia differisce dalla normale paura o ansia evolutiva perché queste sono eccessive o persistenti rispetto allo stadio di sviluppo”. Semplificando, avere ansia 100 in una situazione non risulta di per sé problematico, a patto che questa reazione non ci limiti, non sia un ostacolo insormontabile o generi a sua volta una paura paralizzante.
In altri termini: l’ansia non è un problema finché non diventa invalidante.
Avere l’ansia è infatti una reazione che mobilita l’organismo in molte situazioni e ci aiuta ad avere performance migliori attivando positivamente le tre dimensioni descritte sopra. Diventa problematica e necessita di un aiuto nel momento in cui la situazione/oggetto/persona che la genera viene percepita come una minaccia terrificante per l’integrità della persona.
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