Come ho provato a spiegare qui, l’ansia è “semplicemente” la forma che la paura assume quando si proietta nel futuro: non è di per sé un problema, ma una reazione emotiva normale. Allora perché quando si presenta, spesso ci ritroviamo paralizzati, disarmati o disorientati?
Proviamo a non immaginare un orso bianco.
Siete riusciti a non far comparire questo orso tra i vostri pensieri?
Io no.
Questo si spiega grazie a un esperimento di Daniel Wegner che ha generato quello che in psicologia viene chiamato come “paradosso dell’orso bianco”.
Durante la procedura, Wegner ha chiesto a un gruppo di persone di non pensare a un orso bianco per 5 minuti e, nel caso in cui l’orso fosse passato tra i loro pensieri, di suonare un campanello. Contemporaneamente, i soggetti avevano a disposizione un block notes in cui potevano appuntare tutti i pensieri che passavano nella loro mente non inerenti con l’animale.
Il risultato fu: tintinnio incessante di campanellini per tutta la durata dell’esperimento.
Ma perché cioè avviene? Perché più proviamo a scacciare un pensiero, più questo tornerà nella nostra mente come un boomerang.
È così che spesso la nostra mente ci ripropone in loop pensieri ed emozioni intollerabili che si traducono in comportamenti disfunzionali. E all’improvviso ci ritroviamo incastrati in un circolo vizioso da cui fatichiamo ad uscire.
COME RICONOSCERLA?
Partiamo con il riprendere le 3 dimensioni dell’ansia esplicitando per ognuna di esse i sintomi che ci troviamo a sperimentare:
Fisiologica: tensione, tremore, sudorazione, tachicardia, nausea, vertigini, formicolii alle estremità ed intorno alla bocca, insonnia iniziale (fatica ad addormentarsi), derealizzazione e depersonalizzazione.
Cognitiva: senso crescente di allarme e pericolo, paure (di morire, perdere il controllo o impazzire), vuoto mentale e/o pensieri, immagini o ricordi negativi, pensieri protettivi, sensazione di essere improvvisamente al centro dell’attenzione o di essere osservati dagli altri (estranei e non).
Comportamentale: esplorazione dell’ambiente circostante al fine di identificare possibili vie di fuga, oggetti o persone rassicuranti o elementi che possano fornire spiegazioni per l’ansia provata. Ciò determina due azioni principali: l’evitamento (evitare consapevolmente e in maniera accurata tutte quelle situazioni, persone o oggetti che causano l’ansia) e comportamenti protettivi (portare con sé o assumere ansiolitici, farsi accompagnare nei posti, trovare strategie disfunzionali per gestire l’ansia etc.).
LE FORME CON CUI SI ESPRIME
Attacco di panico: attacco d’ansia improvviso, inaspettato e di breve durata, in cui sono evidenti sintomi somatici e in cui i livelli di angoscia sono così elevati da terrorizzare la persona lasciandola stremata e disorientata.
Disturbo di panico: attacchi di panico ricorrenti con la presenza di due elementi conseguenti: ansia anticipatoria (paura che possa insorgere un altro attacco di panico) e/o modificazione del comportamento per evitare l’insorgere di un altro attacco di panico.
Agorafobia: paura o evitamento di situazioni nelle quali risulti difficile scappare o essere soccorsi. I timori agorafobici hanno in comune 3 temi principali: la lontananza da casa, l’affollamento e il sentirsi prigionieri in un posto. Le situazioni problematiche possono quindi essere: il timore di essere fuori casa da soli, stare in fila o in posti affollati, utilizzare mezzi pubblici, stare in posti aperti o chiusi.
Fobie specifiche: ansia acuta legata a oggetti o situazioni ben definiti. La paura non è determinata dall’oggetto/situazione in sé ma dalle conseguenze spaventose che si immagina possano derivare dal contatto con esso.
Fobia sociale: persistente paura ed evitamento delle situazioni nelle quali la persona può essere esposta a giudizio degli altri, per il timore di apparire goffo, ridicolo o di agire in modo imbarazzante.
Disturbo d’ansia generalizzato: ansia cronica, persistente e non legata a un oggetto o situazione specifica. La persona vive in un costate stato di preoccupazione e di aspettative apprensive quasi tutto il giorno, quasi tutti i giorni; trova difficile controllare la preoccupazione e anche si rende conto di essere eccessivamente preoccupato per qualsiasi cosa non riesce a smettere di esserlo.
Ipocondria: particolare attenzione nei confronti di sensazioni fisiche con un’estrema sensibilità a tutti i cambiamenti interni che si trasforma nella costante ricerca di rassicurazioni attraverso frequenti e talvolta superflui controlli medici.
Comments