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Cambiamento: perché è così difficile?

Il cambiamento è definito nel dizionario come mutamento, trasformazione, modifica e sembra essere una forza contro la quale è impossibile opporre resistenza.

Eppure talvolta ci ostiniamo a lottare, sentiamo un peso enorme e non ci accorgiamo che quell’affanno è dato dal nostro tentativo di rimanere ancorati a oggetti, situazioni o persone che ci danno la falsa illusione di benessere.

Nelle situazioni in cui invece percepiamo il bisogno di cambiare, quell’enorme peso è rappresentato dalla difficoltà che troviamo nell’agire, dall’uscire dalla nostra zona di comfort.


LA RUOTA DEL CAMBIAMENTO


A metà degli anni ’80 Prochaska e DiClemente, teorizzano un modello che definisce il cambiamento come un processo dinamico che avviene secondo una sequenza ciclica.

Per capire bene quali siano le fasi che ci permettono di mettere in atto un cambiamento in maniera consapevole e mirata, hanno definito 6 fasi:

0. Precontemplazione: è quella fase in cui non percepiamo un problema. Anche nel momento in cui qualcuno intorno a noi tenta di farcelo notare o prova ad avanzare la possibilità che qualcosa non vada, nella migliore delle ipotesi minimizzeremo, nella peggiore negheremo attivando dei meccanismi di difesa per prendere le distanze dalla fonte del problema.

[Non siamo motivati a cambiare]

1. Contemplazione: è il momento in cui iniziamo a percepire che qualcosa non va, che sentiamo il bisogno di fare delle modifiche in un determinato ambito (sentimentale, interpersonale, lavorativo etc.). Non è ancora un momento di piena consapevolezza, quanto più la fase in cui iniziamo ad andare oltre alle conseguenze positive a breve termine e a scoprire le ripercussioni negative a lungo termine.

[Ci stiamo pensando]

2. Progettazione: finalmente siamo riusciti a delineare in maniera chiara che cosa non va come vorremmo e a decidere che è arrivato il momento di rimboccarci le maniche.

Ormai vediamo chiaramente che sono più numerose le cose negative rispetto a quelle positive, iniziamo a stabilire un obiettivo e di conseguenza siamo più aperti a suggerimenti e idee che ci permetteranno di raggiungere tale obiettivo.

[Stiamo pianificando un cambiamento nell'immediato futuro]

3. Azione: la fase in cui si inizia a mettere da parte tutta la gamma di comportamenti problematici e ad adottare le strategie prefissate.

All’inizio mettere in atto il progetto nelle varie situazioni può apparire artificioso, ma con il tempo e la pratica, i nuovi comportamenti vengono inglobati nel nostro stile di vita e pian piano diventano più spontanei.

[Ci stiamo impegnando attivamente]

4. Mantenimento: il problema appare ormai superato e la persona agisce in modo funzionale con più facilità e senza necessità di prestare attenzione. Le azioni che fino a quel momento necessitavano di sforzo e impegno diminuiscono fino a diventare automatiche.

[Siamo cambiati. È attiva la modalità "Pilota Automatico"]

5. Ricaduta: anche nel momento in cui i nuovi comportamenti funzionali sono appresi e se ne capisce l’importanza, c’è sempre la possibilità di riscivolare all’interno del problema. Ciò avviene perché spesso alcune abitudini e modi di fare sono così radicati da necessitare di più tempo per essere sostituiti.

[Abbiamo riattuato comportamenti problematici]


LE CHIAVI PER INIZIARE


I fattori psicologici da tenere in considerazione per agevolare il passaggio da una fase all'altra sono:

Il Locus of Control (LoC), che può essere distinto in:

Interno: ci fa percepire come responsabili per le cose che ci accadono, ci fa dire che siamo noi a dover/poter cambiare le situazioni poiché dipendono dai nostri comportamenti.

Esterno: ci fa percepire le situazioni come determinate da cause esterne (il destino o altre persone), quindi come condizioni imprevedibili e non passibili di cambiamento.

Essere consapevoli del nostro LoC determina la possibilità di passare dallo stato di Precontemplazione a quello di Contemplazione e di attivare il processo.

L’Autoefficacia: è la fiducia che percepiamo rispetto alle nostre capacità di organizzare azioni e comportamenti per raggiungere determinati risultati. Attenzione però a non confonderla con l’autostima; l’autoefficacia è un concetto riferito a un obiettivo specifico, l’autostima è invece un tipo di valutazione generica su di noi e sulle nostre caratteristiche.

Sentirsi maggiormente autoefficaci in una situazione, ci consente inoltre di mantenere un livello di motivazione adeguato, fondamentale per riuscire a raggiungere il nostro scopo.

Entrambi, sono elementi chiave nelle fasi di Progettazione e Azione, in quanto sono i due fattori che ci danno la forza di andare avanti, nonostante le difficoltà che naturalmente insorgono durante il percorso.

La Prevenzione delle Ricadute, ossia quel processo per cui nella fase di Mantenimento, normalizziamo la probabilità di avere una o più Ricadute.

Se non prendessimo in considerazione tale possibilità, rischieremmo di demoralizzarci e colpevolizzarci per non essere riusciti a raggiungere l’obiettivo come ci eravamo prefissati, vivendo la ricaduta come una sconfitta e non come un’ulteriore opportunità di apprendimento e presa di consapevolezza che ci permetterà di riprogettare le nostre azioni in maniera più accurata.

Per agevolare il processo di cambiamento è sufficiente quindi individuare il proprio locus of control, accrescere l'autoefficacia, stimolare la motivazione e avere chiaro come agire in caso di ricadute.

Facile no? No.


PERCHÉ È DIFFICILE CAMBIARE


Oltre ad essere faticoso, il cambiamento è una delle cose che ci spaventa di più, anche se raramente siamo in grado di capire la causa di questa paura.

Il motivo è che alcuni comportamenti, non sono solo azioni e abitudini che abbiamo appreso, ma entrano a far parte di quel sistema di credenze e di caratteristiche che ci definiscono, senza le quali ci sembra di "non essere noi stessi".


Se per tutta la vita ci siamo trovati a fare i conti con i chili di troppo, ci sembrerà che questi facciano parte di noi non solo fisicamente ma anche psicologicamente; inizieremo a definirci come persone grasse e non come persone con dei chili in più.

Il sovrappeso non sarà più un elemento su cui agire, ma un aggettivo con cui descriverci, una caratteristica fondante della nostra identità.


Cambiare non risulta difficile solo a causa della fatica intrinseca ad ogni cambiamento, ma anche perché questa trasformazione porterà a una ridefinizione globale di sé.

Essendo quindi questa variabile un pilastro costitutivo della nostra personalità, prima di agire sui comportamenti problema è necessario costruire nuove fondamenta che risultino in grado di delineare in modo coerente la nostra identità nel momento in cui inizieremo a eliminare le componenti nocive.

Per questo motivo anche quando diventiamo consapevoli di tutti questi elementi, cambiare in autonomia potrebbe sembrarci impossibile. Pertanto può essere importante avvalersi di un sostegno psicologico che ci orienti, supporti e faciliti in questo processo.

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