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E se poi si viene a sapere che vado dallo psicologo?

La paura dello stigma e di ciò che gli altri potrebbero pensare venendo a sapere che andate da uno psicologo è una paura giustificata dai tanti pregiudizi relativi all'inizio di un percorso di questo tipo.

Mi preme però sottolineare che gli altri potranno venirlo a sapere solo nel caso in cui siate voi a decidere di "rivelare" dell'intervento.

"Quel che succede a Las Vegas, rimane a Las Vegas!" dicono nei film. Con lo psicologo avviene più o meno allo stesso modo. É infatti il segreto professionale a tutelarvi da qualsiasi indiscrezione. Come tante altre professioni infatti anche lo psicologo fa riferimento a un “codice deontologico”, in questo caso composto da 42 articoli di cui 7 proprio sul segreto professionale


I 7 ARTICOLI


Il segreto professionale: lo psicologo non può rivelare la natura del rapporto e/o delle conversazioni avute con il paziente e non può nemmeno confermare o negare a terzi la presenza di un percorso con una persona.

Testimonianza in tribunale: lo psicologo è autorizzato e rifiutare e potrà esimersi dal segreto professionale solo nel caso in cui il paziente abbia fornito un valido consenso. Potrà inoltre venir meno a tale segreto qualora ritenga la testimonianza importante per la tutela psicologica della persona.

Obbligo di referto o di denuncia: lo psicologo si limiterà a riferire lo stretto indispensabile per poter tutelare il paziente. Nell’eventualità in cui però, dovesse venire a conoscenza di fatti o situazioni che possano mettere in pericolo la persona o terzi, sarà autorizzato a violarlo.

Contesto di gruppo: lo psicologo è tenuto ad informare i componenti che, sin dalla prima seduta, saranno vincolati a rispettare la riservatezza di quanto affermato da tutti.

Collaborazione con altri professionisti: allo psicologo è consentito condividere solo le informazioni strettamente necessarie per portare avanti il lavoro condiviso.

In questo articolo rientra anche il caso in cui si presenti la necessità di una supervisore. Perché si, anche gli psicologi sono umani, e talvolta possono aver bisogno di un confronto professionale con un collega per sbrogliare nodi emersi nelle sedute con noi o per capire come gestire al meglio situazioni delicate o complesse.

Scopi scientifico-didattici: anche quando il paziente ha acconsentito all'utilizzo di informazioni riservate da parte del professionista, sarà garantito l’anonimato.

Appunti, note, scritti o registrazioni: sono da considerare sottoposti a segreto professionale in qualsiasi genere e sotto qualsiasi forma, al pari dei contenuti verbali.


UN PORTO SICURO


Venire a sapere che si va dallo psicologo direttamente dal professionista quindi è non solo altamente improbabile, ma anche illegale!

Al di là della giurisprudenza e delle leggi, quello che è importante sapere è che la stanza dello psicologo (tanto nelle sedute individuali che in quelle di gruppo), è un luogo dove sentirsi protetti, un porto sicuro dove attraccare nei momenti di sconforto o confusione e perché no, anche nei momenti di felicità.

La relazione che si instaura con lo psicologo è qualcosa di profondamente intimo, delicato e a volte anche spaventoso. Un po’ come quando abbiamo così tanta paura di ammettere qualcosa ma alla fine ci decidiamo a dirlo a noi stessi.

Allo stesso modo, in quello studio, una sedia di fronte all’altra, lo psicologo, come uno specchio, ci aiuta a calmare quel mare in burrasca che abbiamo dentro, con l’unico obiettivo di farci rialzare e/o farci percorrere la nostra vita con le nostre gambe.

Sin dal primo colloquio sarà incondizionatamente aperto a noi e totalmente "ermetico": non trarrebbe infatti proprio nessun vantaggio dal rivelare ciò che emerge in seduta.

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