Un colloquio individuale dura 45-50 minuti. Ma cosa si fa durante tutto questo tempo?
Spesso, ho sentito persone commentare con perplessità la possibilità di andare dallo psicologo. Una delle preoccupazioni che più mi ha stupita è stata quella di non sapere assolutamente cosa aspettarsi dalla situazione.
Nel momento in cui andiamo dal medico di base ad esempio, sappiamo cosa aspettarci.
Arriveremo allo studio e prenderemo un numero che ci dirà tra quanto sarà il nostro turno o, in altri casi, avremo un appuntamento prenotato nei giorni precedenti per una determinata fascia oraria e quindi ci presenteremo allo studio con qualche minuto di anticipo. Una volta arrivato il nostro turno entreremo nella stanza del medico, lo saluteremo ed esprimeremo il nostro malessere, lui ci farà una visita specifica basata sui sintomi da noi riportati. Dopodiché, qualora necessario, ci prescriverà un farmaco o una o più visite d’approfondimento. Torneremo così a casa con la soluzione al problema o una strategia per capirne di più.
Andare dallo psicologo è qualcosa di simile, con la differenza che, invece che riportare sintomi fisici, il malessere manifestato sarà un mix tra emozioni negative, pensieri che cerchiamo di scacciare e/o sensazioni fisiche spiacevoli.
Così, una volta effettuata la scelta dello psicologo, si procede un po’ come si farebbe con una visita medica.
Il primo contatto avviene in diversi modi, ma principalmente tramite telefono o e-mail. Durante questa prima conversazione, lo psicologo vi fornirà informazioni specifiche (per esempio luogo, orario del colloquio, metodo di pagamento etc.) e in seguito vi chiederà di spiegargli brevemente il motivo per cui avete deciso di prendere contatto con lei/lui; non preoccupatevi, non dovrete entrare nei dettagli ma semplicemente fargli capire qual è il motivo per cui chiedete un consulto.
Una volta preso l’appuntamento vi recherete da lei/lui, vi accomoderete nella sala d’attesa e all’orario prefissato lo psicologo vi farà accomodare nel suo studio.
Il colloquio avviene di solito in un ambiente riservato, silenzioso e accogliente. La stanza e l’arredamento utilizzati vengono chiamati in gergo tecnico setting e per ogni approccio teorico vengono forniti dei suggerimenti su come rendere l’ambiente più intimo e sereno.
Personalmente, quello che preferisco si discosta un po’ dall’immaginario comune dello psicologo: niente chaise longue (la classica poltrona su cui sdraiarsi, per intenderci), ma due sedute poste una di fronte all’altra, una luce calda e soffusa e il silenzio attorno. Tutto dovrà essere predisposto in modo da limitare le distrazioni esterne e agevolare la persona nell’espressione del suo disagio.
Una volta seduti, l’approccio potrà variare un po’, ma approssimativamente si procederà in questo modo: dopo una raccolta di informazioni generica (età, professione, patologie mediche etc.), potrete esporre allo psicologo la vostra situazione, e sarà allora che inizierà uno scambio collaborativo per delineare al meglio il problema e cercare di elaborare una strategia formulata nel modo più personalizzato possibile.
Alla fine del colloquio, se lo psicologo riterrà di avere una quantità di informazioni sufficiente per delineare una modalità d’intervento, ve la proporrà e vi comunicherà delle tempistiche approssimative in cui ritiene si possano trovare strategie utili per risolvere il vostro problema. Qualora invece ritenga di dover indagare meglio la vostra situazione, vi inviterà ad effettuare un altro colloquio per approfondire alcune tematiche. In quest’ultimo caso non spaventatevi, questo non significa che siete pazzi o che il vostro problema è troppo complicato per poter essere risolto anche da un professionista, leggetelo piuttosto come un atteggiamento scrupoloso che mira a fornirvi il miglior supporto possibile.
Infine, negli ultimi minuti, potrete corrispondere l’onorario pattuito telefonicamente e ricevere la vostra fattura, nonché fissare il prossimo appuntamento.
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